La città ideale
in formato di villaggio
Crespi d’Adda ha un’architettura più unica che rara. Da ogni prospettiva la si guardi,
sembra il progetto di una città ideale. Ad altezza d’uomo si notano tutti quei particolari
architettonici che svelano un’estetica che convive con la funzionalità degli edifici, dall’alto si
avverte invece una sensazione sovrastante di ordine e rigore.
L’urbanistica di Crespi d’Adda vuole che il
villaggio sia diviso in due sezioni da Via
Manzoni, una lunga strada che
parte da Capriate San Gervasio (BG) e
termina nelle prossimità del cimitero. Il suo
corso taglia in due Crespi d’Adda, lasciando
sulla sinistra la zona destinata all’abitare e
sulla destra quella dedicata al lavoro.
La fabbrica tessile offre all’osservatore un lunghissimo fianco, davanti al quale si apre la parte residenziale e dei servizi, che fa da scenografia alla vita comunitaria. Qui, spiccano le case operaie. Disposte su una sorta di scacchiera, sono l’architettura più nota di Crespi d’Adda, che ricorda le città operaie del Nord Europa. Dall’aspetto uniforme, sono attorniate da un piccolo giardino dove era possibile coltivare l’orto, e separate da recinzioni realizzate con le regge recuperate dagli imballaggi del cotone grezzo.
Le abitazioni più recenti sono invece la dimora dei dirigenti. Costruite su un’area verde accanto al bosco, sono posizionate più liberamente a sud-est.
Le strade seguono un ordinamento ortogonale, che ricorda i cardi e i decumani tipici delle città romane. Utili per suddividere le varie aree in modo logico e funzionale, tracciano la fisionomia di Crespi d’Adda come esempio di una razionalità urbanistica d’altri tempi.
La fabbrica tessile offre all’osservatore un lunghissimo fianco, davanti al quale si apre la parte residenziale e dei servizi, che fa da scenografia alla vita comunitaria. Qui, spiccano le case operaie. Disposte su una sorta di scacchiera, sono l’architettura più nota di Crespi d’Adda, che ricorda le città operaie del Nord Europa. Dall’aspetto uniforme, sono attorniate da un piccolo giardino dove era possibile coltivare l’orto, e separate da recinzioni realizzate con le regge recuperate dagli imballaggi del cotone grezzo.
Le abitazioni più recenti sono invece la dimora dei dirigenti. Costruite su un’area verde accanto al bosco, sono posizionate più liberamente a sud-est.
Le strade seguono un ordinamento ortogonale, che ricorda i cardi e i decumani tipici delle città romane. Utili per suddividere le varie aree in modo logico e funzionale, tracciano la fisionomia di Crespi d’Adda come esempio di una razionalità urbanistica d’altri tempi.
L’efficienza funzionale
deve accompagnarsi
alla bellezza
L’architettura di Crespi d’Adda segue un’unica filosofia di fondo:
l’efficienza funzionale deve accompagnarsi alla bellezza. Forti di
questo principio, Cristoforo Benigno Crespi prima e Silvio Crespi a
seguire convocano a Crespi d’Adda gli architetti e gli ingegneri che
più sono in grado di esprimere questo concetto.
I professionisti chiamati a esaltare l’impegni civile dell’architettura sono Angelo Colla (1837-1891), Ernesto Pirovano (1866-1934), Gaetano Moretti (1860-1938) e Pietro Brunati (1854-1933).
I professionisti chiamati a esaltare l’impegni civile dell’architettura sono Angelo Colla (1837-1891), Ernesto Pirovano (1866-1934), Gaetano Moretti (1860-1938) e Pietro Brunati (1854-1933).
Sotto l’egida di questi quattro professionisti, il villaggio operaio di
Crespi d’Adda assume un’architettura a più stili. Il neogotico è
quello predominante, mentre lo stile rinascimentale definisce
l’aspetto della chiesa e quello neo-medievale è evidente nella
struttura della villa-castello. A questi edifici si aggiunge il mausoleo
che è una costruzione con lo stile meno definito. Vi si possono
infatti riscontrare caratteristiche tratte dalla secessione viennese e
dalle costruzioni mesopotamiche ed egizie, cui si aggiungono
particolari decorativi esotici e orientaleggianti.